Panoramica alimentatori - MMETFT

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Panoramica alimentatori

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Panoramica sugli alimentatori lineari e progettazione di un alimentatore switching


Lo schema base di un alimentatore stabilizzato è riportato nella figura seguente.

Il ramo diretto è costituito da un amplificatore di tensione (Av) e da un amplificatore di corrente (con amplificazione di corrente pari a 1 – buffer di tensione). La tensione VR è una tensione di riferimento che viene generata dalla sorgente, mentre Vu e Iu sono rispettivamente la tensione e la corrente di utilizzazione. La tensione di ingresso viene ricavata a partire dalla tensione di rete (220V) mediante il circuito mostrato nella figura seguente dove è visibile un trasformatore che converte la tensione di rete in una tensione alternata di valore più basso, un ponte di diodi per raddrizzarla, un condensatore per ridurne la tensione di ripple.

Analizzando la figura precedente, notiamo che durante la semionda positiva della tensione di rete, vs è positiva, D1 e D2 risultano polarizzati direttamente e quindi in essi circolerà una corrente, mentre D3 e D4, essendo polarizzati inversamente, non conducono. Seguendo il ramo di conduzione, essendo presenti due diodi in serie, è evidente che la tensione di uscita vo sarà minore della vs di una quantità pari alle due cadute sui diodi. Dal circuito segue inoltre che in entrambi i semiperiodi la corrente sul carico scorre nella stessa direzione, per cui la tensione vo sarà sempre positiva. La tensione inversa di picco sui diodi può essere calcolata prendendo in considerazione il diodo D3 e, dallo schema di figura 61, segue che:


VD3(inversa) = vo + VD2(diretta)


Quindi il massimo valore della tensione inversa (PIV) su D3 si ha in corrispondenza del massimo valore di vo, cioè:

PIV = Vs – 2VD0 + VD0 = Vs – VD0


La differenza fondamentale fra una sorgente e un alimentatore di tensione è che la sorgente deve garantire un’elevata stabilità senza particolari esigenze di carico, mentre l’alimentatore ha una stabilità minore, ma è soggetto a forti escursioni dei parametri di uscita dovuti alla presenza di un carico particolarmente esigente.La stabilità dell’alimentazione in questa istanza è molto importante in quanto, eventuali variazioni delle caratteristiche di alimentazione, potrebbero influire sui moduli di ricetrasmissione e quindi sulla corretta ricostruzione dell’informazione.

I parametri che caratterizzano il progetto di un alimentatore sono:

*      Regolazione sul carico (tensione costante per ogni RL ≥ RL,min)

*      Regolazione di linea (insensibilità ai disturbi sull’alimentazione primaria)

*      Regolazione sulla temperatura

*      Resistenza agli effetti dell’invecchiamento

Dalla figura 61, notiamo che il Wireless Intercom MME necessita di due tensioni i cui valori sono 12V e 5V. La tensione stabilizzata a 12V è ottenuta mediante un regolatore 7812 visto che la caduta su di esso è piuttosto piccola e quindi non crea problemi di dissipazione, mentre la tensione a 5V è fornita da un modulo basato sul regolatore LM2576 costruito dalla National Semiconductors con dimensioni del package di poco superiori a quelle di un contenitore TO-220.

Il regolatore è costruito per “entrare” al posto del tradizionale 7805: allo scopo, il circuito termina con tre terminali, a passo 2,54 mm, come i terminali del 7805, più 2 terminali nella parte posteriore. Le sue caratteristiche sono comunque superiori, come mostrano le figure riportate qui di seguito.

La differenza tra un alimentatore lineare e uno switching consta nel modo in cui vengono gestiti i parametri della potenza elettrica. Il primo lavora esclusivamente con grandezze continue e può ricavare una certa tensione partendo da un’altra mediante reti (anche comprendenti componenti attivi) che creano differenze di potenziale (regolatori serie) o sottraggono corrente a un ramo per limitare quella che scorre in un altro (regolatori parallelo).

Il secondo tipo riesce invece a modificare i parametri della potenza, nel senso che può dare una certa tensione o corrente variando di conseguenza l’assorbimento in ingresso: più esattamente, uno switching ideale trasferisce la stessa potenza dall’ingresso all’uscita, anche se deve ridurre la tensione. Questo, un alimentatore lineare non può farlo, perché in esso la potenza disponibile all’uscita dipende da quanta ne viene perduta nella regolazione. Un’altra caratteristica che un regolatore lineare non ha è quella di dare in uscita una tensione più alta di quella che riceve in ingresso. Nella sua forma tipica, un alimentatore lineare fa uso di ponti a diodi per ricavare una tensione continua da una alternata, quindi di appositi circuiti di regolazione impieganti diodi zener e transistor opportunamente polarizzati e retroazionati.

L’unico modo che ha un alimentatore lineare per stabilizzare una tensione o una corrente è ridurla al disotto del minimo valore presente all’ingresso: ciò comporta una perdita di potenza, tanto più marcata quanto maggiore è la differenza tra input e output. Il caso più evidente è quello dei regolatori di tensione serie, che per stabilizzare l’uscita provocano un certo salto di tensione; siccome i circuiti sono in serie all’utilizzatore, ne consegue che il regolatore è percorso dalla stessa corrente che va nel carico, quindi risulta una perdita di potenza quantificabile nel prodotto tra la differenza di potenziale ingresso/uscita (drop-out) e la corrente erogata. Il regolatore lineare tipico ha dunque un rendimento basso, tanto minore quanto più le tensioni in gioco sono comparabili con la minima caduta ingresso/uscita.

Ben diverso è il discorso per lo switching, giacché esso può modificare i parametri della potenza garantendo la minore perdita possibile: il rendimento tipico può raggiungere anche l’85-90%. Il funzionamento di tale dispositivo è basato sul fatto che lavora a commutazione, ossia converte la tensione continua in pulsante (bidirezionale o unidirezionale) e sfrutta gli impulsi per caricare componenti reattivi (induttanze o condensatori) dei quali può poi gestire la restituzione dell’energia immagazzinata. Lo switching tipico usa gli impulsi per pilotare il primario di un trasformatore, dal cui secondario preleva la tensione voluta: questo metodo permette di ottenere tensioni più basse e correnti maggiori o tensioni più alte di quella originaria, sempre con minore corrente. Vi sono poi i circuiti a carica d’induttanza, come quello utilizzato nel Wireless Intercom MME: in questo gli impulsi caricano una bobina, che poi restituisce al carico l’energia accumulata; con un’apposita retroazione si può fare in modo da ridurre la larghezza degli impulsi se l’energia è troppa o da aumentarla se il carico è particolarmente esigente.

Come si vede dalla figura, all’interno dell’LM2576 si trova un generatore di impulsi triangolare operante alla frequenza di 52 KHz, il cui segnale giunge sull’ingresso invertente di un comparatore. Prima del comparatore, è presente un amplificatore d’errore che dà un potenziale direttamente proporzionale a quello riportato dall’uscita (pin 2) al piedino di retroazione (pin 4) in modo da confrontarlo, nel comparatore, con l’onda triangolare. Come risultato si ottengono degli impulsi la cui larghezza è inversamente proporzionale al valore della tensione di uscita. Con questi impulsi viene alimentata la base del transistor switching interno, collegato con il collettore al pin 1 e l’emettitore al pin 2. Ogni volta che riceve il trigger questo va in piena conduzione portando la tensione d’ingresso direttamente in uscita, con una caduta minima. Si determinano così impulsi di tensione la cui larghezza è uguale a quella degli impulsi prodotti dal comparatore, e che nel complesso determinano una differenza di potenziale il cui valore medio è uguale, in questo caso, a 5V. Naturalmente per rendere continua la componente tra il pin 2 e massa è necessario porre un filtro capace di livellarla e sopprimere o attenuare decisamente i picchi, presentando però la minima resistenza elettrica. Tale filtro non è altro che una rete LC costituita da un’induttanza e un condensatore in parallelo all’uscita, ovvero al carico. Per tagliare la tensione inversa che si produce ai capi dell’induttanza L1 al termine di ogni impulso rettangolare prodotto sul pin 2, viene utilizzato il diodo D1. In pratica, siccome il transistor interno lascia passare corrente dal pin 1 al pin 2 a scatti, l’induttore, che ha un comportamento inerziale nei confronti della corrente, ogni volta che si stacca il collegamento, tende a far permanere le condizioni precedenti, ovvero a mantenere la corrente che prima l’attraversava: quindi al termine di ogni impulso determina ai propri capi, per un breve istante, una differenza di potenziale opposta rispetto a quella a cui è sottoposta durante gli impulsi di corrente, il che produce una tensione negativa sul pin 2 dell’integrato. Il diodo D1 provvede a “spegnere” tali impulsi andando praticamente in corto circuito. Il fatto che il diodo sia di tipo Schottky dipende essenzialmente da due motivi:

   1. ha una caduta di tensione diretta di circa 0,2 V rispetto ai 0,7 V di una giunzione al silicio e quindi limita al minor valore possibile la tensione inversa dovuta alla reazione dell’induttanza;
   2. si ripristina in un tempo ridottissimo, il che significa che segue, senza troppi problemi, la commutazione sull’induttanza L1 anche a frequenze elevate quali quella di lavoro dell’LM2576, pari a 52 KHz.

Lo schema di figura rappresenta il montaggio del regolatore switching LM2576-ADJ con tensione di uscita regolabile a piacere, entro il range di tensioni definito dal costruttore.

La scelta dei valori per R1, R2, L1 e COUT avviene mediante le seguenti relazioni:

VOUT = VREF (1 + R2/R1)

R2 = R1 [(VOUT/VREF) – 1)


dove VREF = 1,23 V ed R1 ha un valore compreso fra 1KΩ e 5KΩ.

Fissato il valore di R1 = 1KΩ poiché la tensione di uscita deve essere VOUT = 5V, si ha R2 ≈ 3,06 KΩ.

Per la scelta di L1 è necessario calcolare la costante dell’induttanza mediante la seguente formula:

E * T = (VIN – VOUT) (VOUT/VIN) (1000/F) = [V * μs]


dove F è la frequenza dell’oscillatore interno dello switching fissata a 52 KHz. Quindi supponendo che la tensione massima in ingresso sia VIN = 20V, si ottiene una costante E * T ≈  72 V * μs. Ipotizzando una corrente massima in uscita di 3 A, il valore dell’induttanza è individuato dalla regione segnata nella figura seguente dall’incrocio fra il valore E * T e il valore della corrente massima in uscita.

In questo caso la regione è quella contrassegnata da L100 per cui il valore da attribuire ad L1 è di 100 μH, che è un valore valido anche per correnti inferiori a 3 A. Per la scelta del condensatore COUT, invece, la formula per il calcolo del valore minimo è la seguente:

COUT ≥ 13300 * (VINmax/VOUT * L(μH)) = [μF]

COUT ≥ 532 μF

In definitiva i componenti presenti nello schema di figura 43, sono qui elencati:

*      CIN = 100μF, 75V (Condensatore elettrolitico alluminio)

*      COUT = 1000 μF, 25V (Condensatore elettrolitico alluminio)

*      D1 = MBR360 (Diodo Schottky)

*      L1 = 100 μH (Induttanza)

*      R1 = 1 KΩ – 0,1%

*      R2 = 3,06 KΩ  (trimmer)

Per concludere, la tensione di alimentazione delle stazioni remote a 3,6V, viene ricavata inserendo semplicemente un transistor in serie tra i pin di alimentazione dei moduli e il terminale positivo +5V dell’alimentatore switching. Per stabilire se utilizzare o meno un dissipatore è necessario identificare i seguenti parametri:

   * Massima temperatura dell’ambiente in cui si svolge l’applicazione
   * Massima potenza dissipata dal regolatore switching nell’applicazione
   * Massima temperatura di giunzione consentita (125°C per il regolatore LM2576)
   * Resistenza termica del contenitore (θJA e θJC)

La potenza totale dissipata dall’LM2576 può essere stimata con la seguente formula:

PD = VIN * IQ + (VOUT/VIN) * ILOAD * VSAT

dove IQ e VSAT sono i valori ricavati dalle curve di figura, VIN è la tensione di ingresso minima applicata, VOUT è la tensione di uscita del regolatore e ILOAD è la corrente assorbita dal carico.

Osservando la precedente, imponendo una corrente massima di 3A e lavorando a temperatura ambiente (25°C), VSAT ≈ 1,3 V, mentre IQ = 15 mA.

PD = 7 * 15 * 10-3 + (5/7) * 3 * 1,3 = 1,8 + 1,625 ≈ 2,9 W


In assenza di dissipatore di calore, l’innalzamento di temperatura della giunzione viene determinato mediante la seguente formula:

ΔTJ = PD * θJA


Imponendo una temperatura d’ambiente massima di 40°C, con una potenza dissipata di 2,9 W e θJA = 45°C/W si ottiene:

ΔTJ = PD * θJA = 2,9 * 45 = 130,5 °C


Per arrivare alla temperatura attuale di esercizio del regolatore è necessario sommare alla precedente, la massima temperatura d’ambiente (40°C):

TJ = ΔTJ + TA = 130,5 + 40 = 170,5°C


Come si vede dal risultato ottenuto, TJ supera la massima temperatura di giunzione consentita dall’LM2576 ed è quindi necessario utilizzare un dissipatore di calore.

Quando si usa un dissipatore di calore, l’innalzamento della temperatura della giunzione viene determinato mediante la seguente formula:

ΔTJ = PD * (θJC + θinterfaccia + θdissipatore)


Utilizzando un dissipatore di 10°C/W, con θinterfaccia = 4°C/W e, sapendo che θJC = 2°C/W, si ottiene:

ΔTJ = 2,9 * (2 + 6 + 10) = 2,9 * 18 = 52,2°C


Quindi la temperatura di esercizio della giunzione è data da:

TJ = ΔTJ + TA ≈ 92°C


Come si può notare in presenza del dissipatore di calore TJ è inferiore alla temperatura massima della giunzione dell’LM2576, per cui il regolatore può funzionare senza subire danni.

Quando la trasmissione audio non viene utilizzata, è chiaro che fornendo l’alimentazione ai moduli di ricetrasmissione RF2400, alla sezione preamplificante e allo stadio finale questi dissipano potenza inutilmente. A tal proposito vengono utilizzati transistor PNP per gestire l’alimentazione di tutta la sezione audio e nella figura seguente viene riportato lo schema di collegamento.

Dalla figura mostrata sopra si nota che l’emettitore del transistor T è collegato direttamente all’alimentazione positiva +5V, mentre il collettore viene collegato direttamente sulle linee di alimentazione della sezione audio. Quando la sezione audio non viene utilizzata, la linea RB2 del PIC viene posta al livello alto. In queste condizioni, poiché la linea RB2 è collegata sulla base di T attraverso la resistenza R, la giunzione base-emettitore non risulta polarizzata per cui il transistor risulta interdetto. Non appena la linea RB2 viene posta al livello basso, la giunzione base-emettitore risulta polarizzata, il transistor T entra in conduzione e il carico viene alimentato con una tensione che è circa uguale a quella presente sull’emettitore, cioè +5V. Lo stesso circuito, pilotato dalla linea RB1 del PIC, è utilizzato per controllare l’illuminazione del display LCD. Questi accorgimenti consentono di ridurre al minimo possibile la dissipazione di potenza dell’intero sistema.

 
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